Ospitiamo un articolo dello storico vinovese Gervasio Cambiano, grande amico della nostra Associazione. Lo studio è già stato pubblicato su http://www.bdtorino.eu/sito/articolo.php?id=37311

Questi ultimi mesi d’inizio 2020, anno bisestile e dunque di cattiva fama, sono stati e sono ancora travagliati da quell’orribile pandemia del Corona virus, ovvero da Covid-19.

Non siamo più abituati a questi eventi funesti. Ma un tempo il genere umano subiva a cicli periodici ogni sorta di epidemie: per tutto il Medio Evo e fino al secolo XVII la peste decimò la popolazione Europea, Mediterranea ed Asiatica.

Poi tifo, vaiolo e colera imperversarono fino ad oltre metà 800. Infine nell’autunno inverno 1918-1919 imperversò la famosa “febbre spagnola”, ben nota ai nostri nonni.

Per quanto riguarda l’epidemia di colera nel Piemonte sabaudo si ebbero già vari casi negli anni 1835 e 1849, ma la maggior virulenza di questa malattia si ebbe nell’autunno 1854.

Per restare nella zona a sud di Torino, tra il fiume Po ed il torrente Chisola, l’epidemia di colera, che aveva già infuriato a Torino, apparve all’inizio del settembre di quell’anno.

I registri contenenti gli Atti di morte delle parrocchie sono le principali e più sicure fonti per l’accertamento dei morti per questo morbo, infatti generalmente riportano sempre il motivo del decesso. Va ricordato che non esistevano ancora le Anagrafi nei Comuni, perché inizieranno ad operare solo dopo l’Unità d’Italia.

Però in qualche Archivio comunale vi sono elenchi di decessi per questo morbo spesso stilati dal medico del luogo o dal Sindaco. Il primo decesso in Vinovo venne accertato il 4 settembre e l’ultimo il 7 novembre. In tutto circa 42-44 decessi quasi tutti classificati con la dicitura “morto di lue asiatica”, su 2500 abitanti (non è conteggiata la frazione di Stupinigi con la sua Parrocchia).

Nella vicina Piobesi Torinese i decessi furono circa 30 su una popolazione di 2250 abitanti. Per 28 di essi sull’atto di morte di fianco all’indicazione del luogo di seppellimento, naturalmente il locale cimitero, è scritta la frase “d’ordine del sig. Sindaco” che indica la morte per colera. Tra i decessi anche il povero becchino di soli 35 anni.

Per Castagnole Piemonte, su 2300 abitanti i defunti furono ben 69, il 3 % della popolazione. Tutti gli atti riportano la dicitura “seppellito nel cimitero di questo Comune per mandato della comunal sanità”.

Il primo caso è registrato il 19 agosto e l’ultimo il 3 novembre. Il 6 agosto 1854 la Giunta Comunale, presieduta dal Sindaco Giovanni Battista Pinardi, deliberò “le misure anticolera”, secondo la circolare del sig. Intendete della Provincia del 1 agosto 1854, riguardante le disposizioni da adottare. Venne così deliberato “l’acquisto di suppellettili, vestiario e cibo per la cura degli ammalati che potessero venire ricoverati nel locale che verrà per un tale oggetto destinato per Ospedale (ossia Lazzaretto) dei cholerosi”.

Infine nella Città di Carignano, il primo decesso avvenne ad inizio ottobre e l’ultimo il 30 dicembre. In questo giorno ci furono ben tre decessi di uomini di 42, 40 ed 80 anni tutti e tre con scritto di fianco alla causa di morte “per colera”. I morti di colera in Carignano risultano 160-164 su 7200 abitanti e quindi il 2,3 % dei residenti.

Naturalmente va ricordato come di colera si poteva anche guarire. Difficile però è stabilire delle percentuali tra decessi e guarigioni. Tra le (poche) carte dell’Archivio storico del Comune di Vinovo riguardanti il colera, vi è una relazione del dicembre 1854, scritta dal sindaco cav. Luigi Rey, che descrive anche alcuni casi.

Sotto la data del 2 settembre di quell’anno viene descritta la malattia di tale Sarasino Giuseppe detto “Ghida”, sensale da bovini di anni 46 circa “Passò il giorno di ieri sul mercato di bovini e gli accaddero forti alterchi per aver esso smarrito alcuni vitelli e soffri gran fatica per rinvenirli. Si accusa di aver mangiato ingordamente dei melloni e venuto a casa la notte ad ora tarda fu assalito da vomiti e diarrea. Visitato dal sig. dr. Chiriotti, vengono riconosciuti molti dei sintomi colerosi. È ben assistito in casa, camera netta ed areata Il sindaco si reca a vederlo alle ore 8 per convincersi del suo stato. Vi si riconosce le estremità fredde, depressione quasi totale di voce e difficoltà di respiro”.

La relazione prosegue con la data 3 settembre mattina. “Nel giorno di ieri si è lentamente operata una reazione in caldo e verso sera eravi miglioramenti. La notte passò quietamente”. Nel corso della giornata si operarono spesso variazioni in meglio ed in peggio. Un dottor medico di Carignano, amico del dr. Chiriotti, venne a visitarlo ed uscendo (di casa) espresse che non era colera la malattia in questione (ciò solo per tranquillizzare la gente). La sera ancora presi notizie dell’ammalato ed era incerta la sua sorte. La notte poi ad una ora delli 4 settembre spirò”.

Interessante la conferma del primo caso di guarigione, verificatosi nel paese, così descritto “ … caduta inferma la vedova Manassero per mal di colera, prese un terror panico a li abitanti del cantone, che vennero alle scuole e chiesero che essa venisse altrove rimessa. Dispose allora il sottoscritto (Sindaco Rey) di una camera posseduta dagli operai della Società Operaia di M.S. di questo luogo i quali la posero volentieri a disposizione del Comune. Quindi fece il Sindaco portare un letto, messo a disposizione dall’albergatore Michele Scarasso, che lo lasciò per 8 giorni tanto durò la malattia della vedova Manassero, seguita dalla sua finale guarigione”.  

Con l’inizio del nuovo anno 1855 la pandemia, come era arrivata, se ne andò.

Nei cimiteri dei paesi del circondario rimangono pochissime tracce di questa pandemia. Solo in qualche cappella funeraria “signorile” o di qualche “abbiente borghese” appare il termine colera in qualche lapide. La grande maggioranza dei defunti venne seppellita nella nuda terra, sepoltura per inumazione destinata, inevitabilmente, col tempo a non lasciare tracce.

Gervasio Cambiano

Ai tempi del “Cholera morbus.”

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