Nel 1971, il teologo G. B. Lusso, grande ricercatore tra i documenti della Storia carignanese, a proposito della intitolazione di un altare a San Giovanni Nepomuceno nella Chiesa Madonna di Misericordia, scriveva queste poche righe, che per anni hanno destato interesse etnologico in chi leggeva con attenzione le sue pagine: “Particolare molto curioso e di impossibile spiegazione. Questo santo, modello dei confessori, è invece invocato dalle giovani madri nelle ansie della maternità, con il nome di san Delibera”. Null’altro. Il teologo è stato testimone di un’età di passaggio tra un mondo contadino – quello della sua giovinezza – e un modo operaio – quello della sua maturità. Proprio in quegli anni stavano scomparendo molte delle vicende popolari di cui fu ancora testimone e purtroppo non approfondì l’argomento della strana devozione. O almeno non ne scrisse nulla.
In realtà, San Delibera è riconosciuta dalla Chiesa come una Santa, la cui devozione è abbastanza diffusa in area alpina e nel Canavese, in Val d’Aosta e nel Ciriacese, un po’ meno nelle nostre terre. Ma è possibile una trasmigrazione di devozioni da altre aree geografiche, considerato il ruolo delle fiere e dei mercati che per secoli sono stati una importante risorsa economica e culturale per Carignano. Ma capire quale Santa si venerasse all’altare della chiesa della Confraternita dei Battuti Neri di Carignano non è cosa semplice. Col nome di Delibera (o Libera o Liberata) la Chiesa riconosce varie sante, ricordate nei martirologi e negli antichi repertori delle vite dei santi. Esistono almeno quattro sante che portano il nome di Liberata; il resoconto delle loro vite è incerto e presenta numerose sovrapposizioni. Una Santa Liberata, figlia del pretore Lucio Catelio Severo, governatore del nord est della penisola iberica, sarebbe nata nel 122 d.C. La madre partorì nove gemelle ma, turbata da quella che ritenne opera diabolica, tentò di annegarle. Tuttavia, le sorelle sopravvissero e furono poi tutte martirizzate sotto l’imperatore Adriano: in particolare, Liberata fu decapitata. Le spoglie della vergine Liberata pare siano custodite nella cattedrale di Sigüenza. Il suo culto si confonde con frequenza con quello di una Santa Liberata crocifissa, nota nel nord Europa col nome di Vilgefortis, martirizzata con la spada in Aquitania e le cui reliquie sarebbero in seguito state trasferite a Sigüenza. Un’altra Liberata, generalmente conosciuta anch’essa come Wilgefortis o Vilgefortis, subì l’infamante martirio della Croce. Figlia del re del Portogallo, visse nell’VIII secolo; convertitasi al Cristianesimo, decise di mantenere la verginità, ma il padre l’aveva già destinata a un matrimonio con un principe pagano. Vilgefortis pregò il Signore di concederle un aspetto ripugnante: le crebbe una folta barba e il principe si allontanò. Il padre decise pertanto di far crocifiggere la figlia, accecato dall’ira. Di rara bellezza è un trittico, opera di J. Bosch, databile al 1497, in cui compare la Santa Liberata crocifissa (secondo alcuni agiografi e storici dell’arte sarebbe in realtà Santa Giulia di Corsica, venerata il 22 maggio). Pare che l’iconografia di questa Santa Wilgefortis sia in realtà mutuata dal famoso Crocifisso ligneo, noto come Volto Santo di Lucca, che anziché col tradizionale perizoma è raffigurato con una tunica lunga sino alle caviglie.
Una quarta Santa Liberata, vergine di Pavia, visse ai tempi del vescovo Epifanio, nel V secolo ed è talvolta confusa con la Santa Liberata di Como, che è venerata con la sorella Faustina, entrambe monache e fondatrici del grande monastero dedicato a Santa Margherita.
Un particolare molto interessante riguarda l’iconografia di Santa Liberata (o Delibera): nei più antichi affreschi canavesani è talora raffigurata con due neonati in fasce e tenuti tra le sue braccia. I pargoli, spesso dotati di aureola, sono variamente identificati: Gesù e San Giovanni il Battista, oppure i santi gemelli Gervasio e Protasio, venerati nella diocesi milanese.
La maggior parte degli agiografi identifica la Santa Delibera o Liberata coi due neonati come la Santa di Como, la cui festa cade il 18 febbraio. Tuttavia, desta interesse il fatto che negli affreschi in Piemonte e Liguria non compaia mai coi normali attributi della santa comasca: abito monastico, giglio, libro della Regola. In un manoscritto ascrivibile ad un periodo compreso tra il XV e il XVI secolo, c’è una preghiera a Santa Liberata di Como che chiede al Signore di preservare le madri dai dolori del parto. La Chiesa, forse, sentì l’esigenza di dirigere un culto antico verso una santa venerata come Santa Liberata di Como, fissando una data in cui celebrare la sua festa e ricomponendo in tal modo la divaricazione tra il momento puramente popolare e quello ufficiale di gestione della pratica religiosa. Resta il problema dei pargoletti, custoditi tra le braccia della Santa. Non esistono testimonianze documentarie che il monastero di Santa Margherita di Como funzionasse anche da brefotrofio. Ma che lo fosse nella realtà dei fatti, con la solita ruota degli esposti su cui le madri deponevano i neonati da abbandonare, è dato probabile: la maggior parte dei monasteri di clausura raccoglievano i figli non voluti e li allevavano fino a farli diventare converse o apprendisti di bottega, appena raggiunta l’adolescenza.
In un’epoca in cui la mortalità infantile era altissima, le madri pregavano perché i Santi proteggessero la loro figliolanza: a questo scopo invocavano S. Anna, la nonna di Gesù, e Santa Margherita di Antiochia, invocata contro la sterilità, S. Agata che proteggeva dal pericolo di non poter allattare, Apollonia contro la caduta dei denti, S. Lucia contro le malattie della vista. Lo stesso nome della nostra Santa, la cui devozione arrivò anche a Carignano, potrebbe ricordare la “liberazione” dal dolore delle doglie ma anche dalla fatica della gravidanza. Da notare che nella cultura popolare, la donna non “partorisce”, ma si “sgrava”, cioè si alleggerisce di un peso. La figura di santa Liberata coi due neonati in braccio ricorda da vicino la statua celtica della Dea Nutrix (II secolo), conservata a St-Germain-en-Laye, nel Museo Nazionale di Archeologia, oppure la Mater Matuta di Berlino, dove la dea stante tiene in braccio due neonati, in un sincretismo quasi perfetto con le devozioni medioevali. O ancora la stautetta romana ritrovata in Inghilterra e conservata alNorth Hertfordshire Museum, Hitchin UK (II-III sec. d.C.).
Infine, per confondere ancora un poco le cose, qualche agiografo identifica Santa Delibera con Santa Valeria, la cui devozione è diffusa nella Diocesi milanese, che tanta influenza ebbe nel Medioevo e fino al XVII secolo in larga parte del Piemonte. Santa Valeria è ritratta mentre tiene in braccio due santi neonati, Gervasio e Protasio, futuri martiri. Anche in questo caso potrebbe trattarsi di codificazione di un culto già ampiamente diffuso e accettato dalla Chiesa.
Per vie non facilmente identificabili, la devozione di Santa Liberata o Delibera giunse anche a Carignano, per proteggere le partorienti e i neonati. Nonostante le mie ricerche, non ho ancora rinvenuto testimonianze dirette di donne carignanesi che rammentino il culto per questa Santa così misteriosa. L’unica sicurezza è certificare quanto scrisse don Lusso nel lontano 1971: le partorienti pregavano all’altare di San Giovanni Nepomuceno.