Descritta in breve la breve esistenza della cappella, occupiamoci ora di qualcosa che per fortuna è stato duraturo e che possiamo ancora ammirare nella sacrestia del Santuario della Visitazione, capolavoro del trentenne architetto Bernardo Antonio Vittone. Su una parete di quello che ragionevolmente è uno dei muri perimetrali dell’antica cappella intitolata alla Madonna della Neve, resta un delicato affresco che raffigura una Madonna del Latte. L’opera fu segnalata dalla storica dell’arte Noemi Gabrielli nel 1960-61. Pare utile riprodurre la sua descrizione:
“In una cappelletta attigua con il santuario è venerato un affresco rappresentante la Vergine che allatta il Bambino. Nonostante la testa di Gesù sia tutta ridipinta e ripassati siano i contorni del viso della Madonna, tuttavia lo schema compositivo ed il disegno delle mani lunghe dalle nocche evidenti, denotano la mano di un pittore vicino a Macrino che ha attinto alla stessa fonte ferrarese, a cui si è ispirato l’autore della vetrata del Museo Civico di Torino rappresentante la fuga in Egitto [Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti I, Torino, n. XIV, 1960].
Il catalogo della mostra itinerante “Jacobino Longo pittore attivo … 1508 – 1542 …”, promossa dalla Regione Piemonte e dal sistema Bibliotecario Intercomprensoriale Torino Pinerolo (1983), dice tuttavia che la derivazione da Macrino è molto più diretta, traendo lo schema dalla Madonna che allatta, già nella Collezione Borletti di Milano. Lo stesso catalogo, indicando una derivazione del viso, dai tratti meno taglienti dell’opera di Macrino, rimanda a pitture di Defendente Ferrari, ma attribuisce l’affresco carignanese alla mano di Jacobino Longo di Alba.
Jacobino Longo è un pittore che è stato rivalutato proprio negli anni Ottanta del XX secolo, mentre prima godeva di scarsa considerazione e poche citazioni neppure tutte positive (“modesto piccolo maestro … estrema manifestazione di quel filone quattrocentesco locale, che sembrava essersi esaurito … con Giovanni Canavesio“; Viale, 1939. “modesto cantastorie popolare“; Mallè, 1972). La prima citazione del pittore è del 1508, quando a Pecetto, nella cappella San Sebastiano, dipinge una “Adorazione del Bambino”. L’ultima è del 1542, quando firma il polittico di Pralormo, conservato nella parrocchiale San Donato: lì si definisce “incola” cioè “abitatore” di Pinerolo. Ma nel 1517, nell’affresco sulla facciata dell’Ospedale dei Pellegrini, si definiva “Jacobinus Lungo de Alba”. In realtà l’Adorazione dei Magi, oggi al Seminario di Asti, sempre del 1517, lo dice di Perosa.
Jacobino Longo, a detta dei critici d’arte, è un pittore che “dà segni di conoscere Spanzotti, Defendente, i Vercellesi, Gandolfino e Macrino; non è a volte indifferente a penetrazioni lombarde e leonardesche (forse soprattutto tramite il fratello Giovanni. A ben guardare, la eclettica produzione di Jacobino non fa che riflettere in parte la grande varietà della pittura del Piemonte occidentale nei primi decenni del ‘500, sviluppatasi in parecchi centri, tra cui PInerolo, con grande molteplicità di interessi, rilevanti influssi da tutte le direzioni (Piemonte orientale, Lombardia, Ferrara, Francia, Fiandra, Germania)” (cit. Catalogo, 1983)”.
Il bell’affresco del Valinotto, posto dietro un vetro che lo preserva dal deposito di polvere e sporcizia, raffigura una Vergine seduta su una esedra marmorea protorinascimentale; tiene in braccio Gesù Bambino, che con una mano tocca il braccio della Madre, con l’altra tiene una sfera coronata da croce (è simbolo dell’Imperator Mundi). Gesù è allattato da Maria come in tutte le pitture che raffigurano la Lactatio divina. Il manto di Maria era in origine azzurro ed è costellato di stelle in oro zecchino. Da notare il diadema di perle col rubino al centro, che ritroviamo anche nella Vergine Annunziata della Chiesa San Giovanni di Villafranca Piemonte e in quella della vicina cascina del Valinotto (di cui tratteremo oltre). Le lunghe dita affusolate della Madonna sono un tratto distintivo dei modelli jacobiniani.
Oggi imbrattare un’opera d’arte con scritte, oltre che rappresentare un reato, è considerato uno scempio alla bellezza di ciò che ci ha consegnato il passato. Ma non è sempre stato così. Scrivere il proprio nome e cognome, la data e il luogo di provenienza sopra un affresco ritenuto miracoloso, era ritenuto salutare per chi compiva l’atto e un atto di devozione nei confronti del santo rappresentato sull’intonaco. Coì il manto della Madonna della sacrestia è coperto di graffiti, come possiamo vedere anche nell’affresco quattrocentesco detto “La Madonna dei Massari” nella pieve San Giovanni ai Campi di Piobesi Torinese. Accanto ad alcune date difficilmente decifrabili, possiamo leggere: “Jacobinus Xamonus de Podverini [l’antica denominazione medioevale di Poirino, nel Pianalto, Podium Varinii] fecit hodie 16 De Augusti 1582 [o 1562]”, “Johannes Mayno de Podivarino“, “A Lannes Spinola“, “Ludovicho Re“… Su quest’ultima scritta torneremo in un prossimo articolo.
Sino agli anni Settanta del XX sescolo, testimonianze orali carignanesi ricordano che i bimbi affetti da pertosse (tosse asinina) erano posti sotto la protezione della Madonna del Valinotto. La mortalità infantile era ancora molto alta, in assenza di antibiotici (almeno sino agli anni ’60) e di una vaccinazione specifica (introdotta negli anni ’90): la pertosse provocava il vomito per i violenti accessi di tosse, e questo finiva nei polmoni per ingestione tracheale, causando soffocamento e gravi polmoniti. Il latte della Madonna era ritenuto miracoloso per proteggere dalle malattie infettive sin dal Medioevo: le reliquie del latte si diffusero nell’Europa, mentre il popolo pregava di fronte alla rappresentazione della Madre che allattava il Divin Bambino. Sappiamo che un affresco trecentesco o quattrocentesco era nella cappella dell’Annunciazione, che serviva come oratorio privato per i conti Provana di Collegno, con ingresso da Via Quaranta a Carignano: l’edificio fu poi distrutto. Una straordinaria Lactatio è affrescata sulla facciata della pieve San Giovanni ai Campi di Piobesi Torinese e data al 1359. Forse molti dei poveri ex voto in latta, appesi a lato dell’affresco del Valinotto, testimoniano di questa devozione. La fortuna del dipinto, ritenuto miracoloso fino a tempi recenti, tanto da far meritare alla cappella della Visitazione il titolo di “santuario”, lo preservò dalla distruzione o dall’oblio cui il Concilio di Trento destinò molte di queste opere. Da ritenere falsa è l’affermazione che il rigore post tridentino favorì la distruzione di questi affreschi, ritenendoli licenziosi perchè Maria esponeva il seno alla vista. D’altronde si trattava pur sempre della Madre di Dio. E’ più probabile l’affermarsi dell’idea di una Mater meno terrena e casalinga versus una Madonna trionfante, vestita di preziosi velluti: Incoronata dalla Santissima Trinità, Assunta in cielo, Immacolata nella sua concezione senza peccato originale. Si riducono anche le rappresentazioni che fan vedere una Madonna che sviene ai piedi della Croce, perchè troppo umana: oltre tutto lo spasimo della Vergine sul Golgota deriva dai Vangeli apocrifi (Atti di Pilato) e non è descritto dai Vangeli canonici. Insomma, una rivoluzione “copernicana” nella Storia dell’Arte, legata ai Canoni del Concilio di Trento sulle rappresentazioni pittoriche del Sacro.
E per concludere, sulle reliquie del Sacro Latte sparse per tutto il continente è interessante sapere quel che ne pensasse quell’iracondo di Bernardino da Siena:
“E sia chi si voglia, io dico che non piacciono a Dio queste tali cose. O, o, del latte della Vergine Maria; o donne, dove siete voi? E anco voi, valenti uomini, vedestene mai? Sapete che si va mostrando per reliquie: non v’aviate fede, ché elli non è vero: elli se ne truova in tanti luoghi! Tenete che elli non è vero. Forse che ella fu una vacca la Vergine Maria, che ella avesse lassato il latte suo, come si lassa delle bestie, che si lassano mugnare? Io ho questa opinione io, ch’io mi credo che ella avesse tanto latte né più né meno, quanto bastava a quella bochina di Cristo Jesu benedetto”
[San Bernardino da Siena – Devozioni Ipocrite. in: Baldi. Novellette ed esempi morali di S. Bernardino da Siena. 1916].
Al prossimo articolo!
testo di Paolo Castagno