La cappella santuario della Visitazione, più conosciuta come cappella del Valinotto, è stata molto studiata sotto gli aspetti architettonici e artistici, un po’ meno sotto quelli iconografici e prettamente religiosi. Eppure lo straordinario edificio religioso è colmo di simbologie, molte ancora da indagare. Iniziamo con gli angioli che reggono cartigli nelle calotte della navata.
Secondo il progetto decorativo dell’architetto Vittone, eseguito dal pittore casalese Pierfrancesco Guala, il peccatore doveva esser condotto attraverso un percorso che lo indirizzasse alle sfere celesti, secondo il programma della Controriforma seguita al travagliato Concilio di Trento (1545-63). Ecco, il Valinotto è un perfetto esempio di applicazione della Controriforma (o meglio della Riforma Cattolica) all’arte decorativa, Il peccatore che volesse rientrare nella Comunità Cattolica, doveva percorrere un itinerario all’interno della cappella: ne esamineremo un pezzetto, ampliando in successivi articoli la discussione. Persa la luce della Fede, il peccatore che entra dall’esterno nell’area buia creata dal piccolo atrio d’ingresso, è immediamente portato a elevare gli occhi alla volta, per cercare nel tripudio dei Santi e degli Angeli la via alla Salvezza, levando lo sguardo sino al cupolino dove, nell’esplosione luminosa, si staglia la Trinità. Il rito della confessione (che tratteremo in un futuro articolo), porta di nuovo la persona tra i fedeli, che lo accolgono come un figliol prodigo. Le calottine che si ergono sopra i due confessionali e sulla porta di ingresso, sono arricchite dalla presenza di coppie di angioletti affrescati, che recano cartigli e scritte in latino, estrapolate dai Vangeli. Un programma iconografico forse sin troppo complesso, realizzato per un personaggio di elevata cultura come Antonio Facio, abituato a trattare con artisti di vario genere come Giuseppe Antonio Riva, Pierfrancesco Guala e Pietro Piffetti e, naturalmente, l’architetto Bernardo Antonio Vittone.
Vediamo cosa dicono i tre cartigli, traducendo dal latino le Sacre Scritture del Nuovo Testamento. Sono tutti inviti rivolti all’ex peccatore… tratti dal Vangelo di San Giovanni e più precisamente dall’episodio del paralitico guarito alla probatica piscina, tante volte rappresentato nei quadri barocchi.
Ecce sanus factus es, iam noli peccare, ne deterius aliquid contingat. Gesù è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, dove c’era una vasca, chiamata in ebraico Betesda (in ebraico Casa della Misericordia; בית-חסדא). Sotto i suoi cinque portici giaceva un gran numero d’infermi, di ciechi, di zoppi, di paralitici, i quali attendevano l’agitarsi dell’acqua perché un angelo, in determinati momenti, scendeva nella vasca e agitava l’acqua; e il primo che vi scendeva dopo che l’acqua era stata agitata, era guarito di qualunque malattia fosse colpito. Là c’era un uomo che da trentotto anni era infermo. Gesù gli chiese: «Vuoi guarire?» L’infermo gli rispose: «Signore, io non ho nessuno che, quando l’acqua è mossa, mi metta nella vasca, e mentre ci vengo io, un altro vi scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». In quell’istante quell’uomo fu guarito; e, preso il suo lettuccio, si mise a camminare. Era sabato, quando per la Legge ebraica nessuno – neppure il paralitico – poteva lavorare o spostare alcunchè, meno che mai un lettuccio. L’ex paralitico rispose ai Giudei: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi il tuo lettuccio e cammina”». Essi gli domandarono: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi il tuo lettuccio e cammina?”». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, perché in quel luogo c’era molta gente. Più tardi Gesù lo trovò nel tempio, e gli disse: «Ecco, tu sei guarito; non peccare più, ché non ti accada di peggio». L’uomo se ne andò, e disse ai Giudei che colui che l’aveva guarito era Gesù. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù; perché faceva queste cose di sabato.
Un progetto iconologico dotto e raffinato, per un committente raffinato e dotto. Non sappiamo quanto di tutto questo comprendesse la massa di contadini che si affollava alla cappella per le messe domenicali: ma è sicuro che il cappellano, che alloggiava nella canonica annessa – spesato da Facio e dai suoi eredi e poi dai conti Balbo di Chieri – utilizzava le immagini per incutere il terrore del demonio e per fornire una scappatoia ai peccatori per raggiungere il cielo.
Al prossimo articolo!
testo di Paolo Castagno