Il 6 febbraio, il Martirologio romano celebra la “Memoria dei santi Paolo Miki e compagni, martiri, a Nagasaki in Giappone. Con l’aggravarsi della persecuzione contro i cristiani, otto tra sacerdoti e religiosi della Compagnia di Gesù e dell’Ordine dei Frati minori, missionari europei o nati in Giappone, e diciassette laici , arrestati, subirono gravi ingiurie e furono condannati a morte. Tutti insieme, anche i ragazzi, furono messi in croce in quanto cristiani, lieti che fosse stato loro concesso di morire allo stesso modo di Cristo”. Ma cosa c’entra questa Festa con Carignano?

Nel 1807, l’Amministrazione Comunale acquistò dal soppresso convento della Pace dei Frati Minori Riformati o Zoccolanti di S. Francesco di Chieri, alcuni armadi e una bussola per porta destinandoli alla sacrestia del Duomo carignanese. Queste opere furono scolpite da frate Ottavio Zoppi nella seconda metà del ‘700: sopra la bussola è scolpita la data “1756”. Gli intarsi lignei di frate Zoppi rappresentano un esempio notevole del barocco piemontese e contrastano con l’unico armadio superstite disegnato dall’architetto Benedetto Alfieri, che seguì non solo la fase progettuale della Fabbrica della chiesa parrocchiale ma anche quella dei preziosi arredi che essa custodisce.

San Paolo Miki

Nei pannelli delle guardarobe e della bussola acquisiti da Chieri, sono rappresentati Santi e Beati dell’Ordine francescano: si distinguono S. Chiara d’Assisi, S. Antonio da Padova, S. Bernardino da Siena e, in basso, S. Paolo Miki e i martiri francescani in terra giapponese. Una rara e interessante iconografia cristiana, di cui ora andrò a descrivere l’origine. Dopo i tentativi messi in atto da S. Francesco Saverio, numerosi missionari gesuiti sbarcarono in Giappone;  Nagasaki, nel sud del Paese, divenne il centro della cristianità nipponica. Il Giappone, dopo un lungo periodo di crisi politica, nel corso del XVI secolo iniziò un processo di ricostituzione dell’unità dello Stato e di riassetto istituzionale ed amministrativo, grazie anche a capi politico-militari come Hideyoshi. Nella presenza cristiana al Sud del Giappone, Hideyoshi vide un potenziale pericolo d’invasione da parte di Portoghesi e Spagnoli tramite l’opera dei missionari di quelle nazioni. Nel 1587, Hideyoshi emanò un editto di proscrizione di tutti i  missionari, che così avrebbero dovuto lasciare il Paese. Nel 1593, sei anni dopo l’allontanamento dei Gesuiti, arrivarono in Giappone i Francescani che, grazie ai loro metodi di evangelizzazione già sperimentati in più occasioni, crearono nuovi timori in Hideyoshi. Un grave incidente diplomatico fu causato dal capitano della nave spagnola Felipe, arenatasi sulle coste nipponiche. Per tentare di salvare il carico, il comandante mostrò una mappa che descriveva i possedimenti spagnoli nel mondo e descrisse i  missionari come una forza preparatoria alla conquista del Paese. Alla fine del 1596, Hideyoshi intervenne pesantemente, ordinando l’arresto e l’esecuzione di missionari e cristiani. Il 9 dicembre, furono arrestati sei francescani (Pietro Baptista Blasquez superiore della missione, Martino dell’Assunzione, Francesco Blanco, Francesco de San Miguel, Filippo di Gesù, Gonsalvo Garcìa); il 26 dicembre seguirono la stessa sorte tre Gesuiti (Paolo Miki e i catechisti Juan de Goto e Giacomo Kisai). Paolo Miki era nato a Kioto da un samurai convertitosi al cristianesimo. I prigionieri, a cui furono aggiunti diciassette laici, tra cui tre fanciulli (Ludovico Ibaraki, di 12 anni, Antonio Cheng di 13 e Tommaso Kosaki di 15), si abbracciarono in segno di riconciliazione e si chiesero vicendevolmente perdono per le dispute che li avevano divisi; furono mutilati di parte dell’orecchio sinistro poi, caricati a tre a tre su carri, attraversarono le città di Kioto, Osaka e Sakai sopportando un tormentoso viaggio di più giorni, nel crudo inverno giapponese, fino a Nagasaki. La sentenza, scritta su una tavola e portata da un banditore, precedeva il corteo dei martiri. Giunti a Nagasaki, furono crocifissi su di una collina, ben visibili dal porto di approdo delle navi europee. Furono fissati alle croci con cinque anelli: uno alla gola, due ai polsi e due alle tibie; tra le ore 11 e mezzogiorno, i carnefici trafissero il loro petto con le lance. Paolo Miki e i martiri ( di Nagasaki furono beatificati il 14 settembre 1627 da Papa Urbano VIII e canonizzati da Pio IX nel 1862.

I martiri del 1597
Tanzio da Varallo, Il martirio dei Beati francescani a Nagasaki; 1627 circa, olio su tela; Milano, Pinacoteca di Brera

Nel guardaroba centrale conservato a Carignano, i pannelli descrivono il martirio dei martiri, presumiamo tutti Francescani, aggiungendo particolari non presenti nella Passio, la descrizione del martirio: un soggetto viene bruciato sul rogo, mentre una freccia trapassa il suo cuore; in lontananza si intravede la croce, da cui penzolano gli anelli. Per aggiungere maggiore stupore nel fedele, un piccolo samurai saetta le proprie frecce e una spada ricurva (detta katana) si abbatte sul capo del martire. Negli altri tre pannelli, i fraticelli, con la palma del martirio, sono posti alla base della croce (in un caso, abbracciandola) con le catene descritte nella Passio e hanno il petto trafitto da lance.

Dal Giappone a Carignano; i martiri Francescani del 1597

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